Nella meteorologia aeronautica, l’impiego dei radar è cruciale per garantire la sicurezza delle operazioni di volo e supportare le decisioni da parte del previsore. La rete radar nazionale, integrata con dati satellitari e di fulminazione, consente un monitoraggio continuo e dettagliato dei fenomeni meteorologici su tutto il territorio nazionale.
In sede previsionale, il radar consente l’individuazione dei fenomeni temporaleschi e permette di valutarne l’evoluzione temporale. Per una corretta interpretazione delle immagini radar, è fondamentale conoscere le caratteristiche e le finalità dei diversi prodotti disponibili. Andiamo quindi a scoprire qualcosa in più sul funzionamento del radar meteo e sulle sue applicazioni.
FUNZIONAMENTO DI UN RADAR METEO
Il principio di funzionamento del radar si basa sull’emissione di onde elettromagnetiche e sull’analisi del segnale di ritorno (eco) originato dall’incontro dell’impulso emesso con un ostacolo (target). Il radar si configura, quindi, come un sensore di telerilevamento attivo che può essere schematizzato come in figura.
L’emissione del segnale avviene tramite un trasmettitore; un’antenna concentra poi il fascio in una specifica direzione; l’eventuale segnale di ritorno viene, infine, convogliato grazie ad un duplexer ad un ricevitore e successivamente elaborato per il calcolo di più parametri fondamentali.
Ogni impulso trasmesso dall’apparato ha una durata (
pulse width) e una frequenza di ripetizione (PRF –
Pulse Repetition Frequency) che determinano la risoluzione e la portata massima del sistema.
I radar meteorologici sono progettati e costruiti per il rilevamento delle idrometeore (come una goccia di pioggia, un fiocco di neve o un chicco di grandine), che sono, dunque, i target presi in considerazione. Il principio fisico che determina le caratteristiche del segnale di ritorno è lo scattering, che avviene secondo i due regimi di Rayleigh e Mie a seconda del rapporto tra lunghezza d’onda del segnale emesso e grandezza del bersaglio. Da qui, la necessità di operare in spettri di frequenze ben definiti:
Come evidenziato in tabella, diversi sono i pro e i contro derivanti dall’impiego di una specifica frequenza. Per frequenze più alte aumenta la sensibilità di rilevamento ma, con essa, anche l’impatto dei fenomeni di attenuazione. D’altra parte, alle basse frequenze si associano bassa sensibilità e svantaggi in termini di dimensioni e costi dell’apparato. Tutto questo fa sì che un buon compromesso nella realizzazione di reti nazionali sia l’impiego di radar in banda C.
Alla nostra rete nazionale concorrono radar in banda C gestiti dal Dipartimento di Protezione Civile, da enti regionali, dall’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile e dall’Aeronautica Militare che operano con portate che variano dai 125 km ai 300 km a seconda delle impostazioni di scansione utilizzate.
Diversi sono i parametri e le informazioni che si possono inferire da una misura radar a seconda della polarizzazione del fascio incidente e delle caratteristiche di scansione. La grandezza che, tuttavia, trova più ampia e immediata applicazione operativa è la riflettività, una misura della capacità del bersaglio di riflettere il segnale emesso.
LA VERTICAL MAXIMUM INTENSITY
La
Vertical Maximum Intensity (VMI) rappresenta la massima riflettività rilevata dal radar lungo la colonna verticale per ogni punto orizzontale del dominio osservato. La VMI fornisce, dunque, un'informazione sintetica sulla potenza del segnale di ritorno , indipendentemente dalla quota alla quale si riferisce. Questo la rende una grandezza estremamente efficace per l'individuazione rapida delle celle convettive più intense. Dal punto di vista operativo, il prodotto è utilizzato in sala previsioni per monitorare la presenza di nuclei temporaleschi potenzialmente associati a grandine, caratterizzati da valori di riflettività solitamente superiori ai 55 dBZ. Si tratta, dunque, di informazioni cruciali nel nowcasting, in particolare per isolare celle temporalesche a rapida evoluzione temporale e breve ciclo di vita. Tuttavia, l’utilizzo del prodotto richiede una corretta contestualizzazione. Da non confondere, infatti, valori di riflettività elevata con fenomeni precipitativi intensi.
LA SURFACE RAINFALL INTENSITY (SRI)
La
Surface Rainfall Intensity rappresenta una stima dell’intensità di precipitazione al suolo, espressa in millimetri all’ora (mm/h). La misura si basa su relazioni empiriche tra la riflettività (Z) e il rateo di precipitazione (R), note come relazioni Z–R. Tra le più comuni, la relazione di Marshall – Palmer, la cui formula Z = 200 · R^1.6 è spesso utilizzata per precipitazioni stratiformi. In presenza di fenomeni convettivi, tuttavia, relazioni differenti (es. Z = 300·R^1.4) possono risultare più appropriate. Dal punto di vista operativo, quindi, la SRI è uno strumento essenziale per valutare l’intensità della pioggia precipitabile e monitorare le condizioni meteorologiche in atto, ottenendo indicazioni cruciali per la sicurezza del volo. Questo prodotto è particolarmente utile durante eventi di pioggia stratiforme persistente, sistemi frontali o temporali in fase matura, in cui la precipitazione raggiunge effettivamente il suolo. Le limitazioni del prodotto sono legate alla calibrazione della relazione Z–R adottata, che può portare a sottostime o sovrastime dell’intensità effettiva.
ESEMPIO DI APPLICAZIONE
Il giorno 13 Luglio 2025 Liguria e Toscana sono state interessate da temporali intensi. Il prodotto VMI mostra lo sviluppo di nuclei convettivi ben identificabili con punte di riflettività oltre i 50-55 dbZ ai quali ci aspettiamo siano associati valori elevati di rate di precipitazione al suolo. In effetti, il prodotto SRI conferma tale ipotesi mostrando in corrispondenza delle zone di attività temporalesca intensa valori oltre i 50 mm/h.
Per comprendere le differenze tra i due prodotti consideriamo, tuttavia, l’esempio proposto in figura B. Alle 07:20 UTC del 17 Luglio 2025 il prodotto VMI restituisce un chiaro segnale di inizio convezione. In questo caso, tuttavia, la SRI risulta pressoché nulla. A sottolineare il fatto che riflettività e tasso di precipitazione al suolo sono grandezze legate ma ben distinte. Un bersaglio può produrre un’eco ma a questa non necessariamente è associata una precipitazione.
CONCLUSIONE
L’analisi dei prodotti radar VMI e SRI evidenzia la loro complementarità nell’ambito della previsione operativa. Il VMI, grazie alla capacità di rilevare la riflettività massima in colonna, consente un’individuazione rapida dei fenomeni convettivi, specie nelle fasi iniziali. La SRI, invece, offre una stima della precipitazione al suolo. Comprendere le differenze tra i due prodotti è essenziale per interpretare correttamente le immagini radar e sfruttare appieno le informazioni che esse offrono. Il loro impiego congiunto fornisce al previsore una visione tridimensionale del fenomeno: lo “sguardo in quota” del VMI si completa con il “riscontro al suolo” dell’SRI. VMI e SRI, dunque, non sono alternative, ma strumenti sinergici al servizio della sicurezza del volo.