La regione attiva presente vicino al lembo sud-occidentale, nominata AR3256, il 29 Marzo ha infatti emesso un flare di categoria X1.2 prima di tramontare verso il lato del Sole non più visibile dalla Terra. E’ infatti ben identificabile un lampo molto breve ma molto brillante dalla moviola delle immagini nell’estremo spettro Ultravioletto (EUV) acquisite dalla sonda SDO (Solar Dynamics Observatory) della NASA, che ci permettono di monitorare l’attività della nostra stella:
La radiazione emessa durante i brillamenti comporta un eccesso nella ionizzazione degli strati più alti dell’atmosfera terrestre che può provocare disturbi nella propagazione dei segnali radio ad onda corta (HF) nell’emisfero illuminato, per alcune ore dopo il brillamento. In particolare il flare si è verificato alle 02:30 UTC, quindi il rischio di blackout delle comunicazioni ha interessato le regioni tra Asia, Australia e Nuova Zelanda.

Solo pochi giorni prima, tra il 23 e 24 Marzo scorso, è stata osservata anche la tempesta geomagnetica più intensa degli ultimi 6 anni, classificata di livello 4 su una scala che va da 1 a 5 e che, però, era stata prevista solo in parte e la cui causa non è ancora del tutto chiara. Probabilmente è legata all’arrivo di una CME (Coronal Mass Ejection) con una componente geoeffettiva importante ma molto difficile da identificare dalle immagini disponibili. Una volta arrivata nei pressi del nostro pianeta la CME ha interagito con la magnetosfera terrestre provocando disturbi al campo magnetico del pianeta ma anche una piacevole sorpresa per i cacciatori delle aurore boreali, che sono state visibili e luminosissime, arrivando fino alle medie latitudini, come in Colorado, Florida e perfino al Nuovo Messico (latitudine di +32.8°N). Sempre per gli effetti della CME, la compagnia privata statunitense “Rocket Lab”, invece, si è vista costretta a rinviare il lancio di due satelliti commerciali BlackSky pianificato per il 24 Marzo, proprio a causa dei disturbi provocati dalla tempesta geomagnetica in atto.