Nella Londra innevata del 1842, il vecchio Scrooge si aggira per le strade battute dal vento gelido, in un viaggio di redenzione e riscoperta dei valori del Natale. È un bianco Natale quello descritto da Charles Dickens nel suo A Christmas Carol. E come poteva essere altrimenti? Dickens cresce durante la cosiddetta Piccola Era Glaciale (PEG), responsabile, anche tra il 1812 e il 1820, di inverni particolarmente rigidi durante i quali, lungo il corso ghiacciato del Tamigi, si organizzarono delle vere e proprie fiere del gelo (Frost Fairs). Durante una di queste iniziative, nel 1814, fu addirittura l’elefante di un circo a sfilare sullo strato di ghiaccio tanto era spesso.
La PEG è stata un periodo di raffreddamento climatico che ha colpito soprattutto l'emisfero nord tra il XIV e la metà del XIX secolo (circa 1300-1850). Tra le cause più note che la innescarono figurano il minimo di attività solare (detto Minimo di Maunder) tra il 1645 e il 1715 e una intensa attività vulcanica che immise in stratosfera quantità di cenere tali da schermare l'arrivo dei raggi solari. Proprio a seguito dell' eruzione del vulcano indonesiano Tambora del 1815, l’anno successivo, il 1816, entrò negli annali della storia climatica come “anno senza estate”: in Europa e Nord America nevicò anche a giugno e luglio. Per sfuggire al maltempo un gruppo di scrittori si rifugiò in una villa sul lago di Ginevra e fu lì che nacque il Frankenstein di Mary Shelley. Del resto, il legame tra meteorologia e letteratura si è rivelato più volte proficuo.
Ma, per tornare a Dickens, A Christmas Carol fu un successo mondiale e contribuì alla costruzione di un’immagine del Natale poi alimentata dalla cinematografia e dall’industria musicale.
E oggi chi di noi non sogna un bianco Natale? Eppure la neve in pianura è, per il periodo, abbastanza infrequente. L’ultimo bianco Natale è arrivato nelle città del nord Italia nel 2000, mentre per il Sud dobbiamo andare indietro di quasi 40 anni. Era il 1986 - il cui inverno fu decisamente freddo - quando Bari e buona parte della Puglia si svegliarono il 25 dicembre sotto la neve. Esiste poi un fenomeno, sul quale la letteratura disponibile è piuttosto controversa, chiamato Christmas Thaw o, in italiano, Disgelo di Natale, per cui la circolazione atmosferica tende spesso a cambiare proprio durante la seconda decade del mese di dicembre. Il vortice polare si assesta e lascia spazio all’ingresso di aria umida e più calda dall’Atlantico. Le temperature più alte e la pioggia lavano via quanto di bianco ci sia già stato. Si tratta di uno schema di circolazione atmosferica che in Regno Unito e Germania si presenta con una regolarità del 70/75%, a testimonianza del fatto che la neve a Natale non è così scontata neppure a latitudini più elevate delle nostre, a meno, naturalmente, di non salire di quota, come, per esempio, è molto probabile che accada proprio quest’anno, con l’Arco Alpino e l’Appennino Ligure e Tosco-Emiliano che vedranno la neve proprio la notte di Natale.
E allora cosa ne è del bianco Natale di Dickens? In fondo, che sia vero o immaginario poco importa. Nel giorno in cui Babbo Natale viaggia su una slitta incurante di correnti avverse e turbolenze, tutto è ammesso, anche aprire al mattino la finestra ed immaginare, nel silenzio della festa, fiocchi bianchi che si posano lievi sul paesaggio.