E già le notti a mezzo dì sen vanno diceva Dante all’inizio del XXIV canto dell’Inferno per indicare il mese di febbraio che conduce verso l’equinozio di primavera, in cui giorno e notte sono in perfetto equilibrio.

Sappiamo che la Terra compie la sua rotazione attorno all’asse polare in circa 24 ore, simultaneamente al moto di rivoluzione solare che invece richiede un periodo molto più lungo, pari a circa un anno, per percorrere tutta l’orbita ellittica attorno alla nostra stella.

Il piano equatoriale terrestre e quello della eclittica, su cui giace l’orbita di rivoluzione, non sono però complanari, bensì inclinati di un angolo di 23° 27’ e questo determina l’alternanza delle stagioni che è diretta conseguenza della diversa inclinazione dei raggi solari durante l’anno alle varie latitudini dei due emisferi.
La Terra illuminata da sole all'Equinozio
Fonte: Lillorizzo, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

Quest’anno l’equinozio primaverile cade oggi 20 marzo alle 22:24 ora italiana: in questa data il Sole si trova esattamente allo zenit dell’Equatore e quindi in ogni punto della Terra la durata del giorno è uguale a quella della notte: aequinoctis dies tam longi quam noctes sunt.



Particolarmente eloquente l’immagine del Globo in un qualunque canale che scansioni la radiazione visibile, che mostra come la linea di demarcazione tra la parte illuminata e quella in ombra risulti esattamente coincidente con l’asse polare, mentre tali linee avranno le massime inclinazioni (guarda caso proprio di 23° 27’) nelle giornate dei solstizi estivo ed invernale.
La Terra illuminata dal Sole al Solstizio

Per cui un osservatore all’equatore, nel giorno dell’equinozio, vede sorgere il sole esattamente a est e tramontare a ovest, mentre a mezzogiorno lo vede perfettamente posizionato allo zenit; sulla durata esatta del giorno di 12 ore, va però considerato l’effetto della diffusione atmosferica della luce, che fa sì che la terra sia illuminata già mezz’ora prima dell’alba e resti tale anche mezz’ora dopo il tramonto, il cosiddetto crepuscolo, che sempre Dante descrive nell’incipit dell’VIII canto del purgatorio come "l’ora che volge il disio ai navicanti e ‘ntenerisce il core, lo dì ch’han detto ai dolci amici addio”.