Intorno alla mezzanotte locale del 18 Luglio, infatti, una macchia solare presente in prossimità del lembo sud-ovest della superficie solare e dalle dimensioni di circa sette volte la terra, ha emesso un brillamento di moderata intensità, ben identificabile dal flash nell’immagine nell’ultravioletto ripresa dallo strumento SUVI (Solar UltraViolet Imager), a bordo del satellite statunitense GOES-18.

GOES_131 – Immagine del Sole alla lunghezza d’onda di 131 Å ripresa dallo strumento SUVI a bordo del satellite GOES-18.


La particolarità di questo flare è stata però la sua durata, che ha visto l’emissione di una grande quantità di raggi-X per più di 4 ore consecutive! Ciò ha quindi provocato l’accelerazione di una gran quantità di protoni molto energetici, misurati dopo poche ore dagli strumenti a bordo dei satelliti in orbita a soli 36.000 km di quota dalla Terra.
La brillante emissione di massa coronale fuori dall’atmosfera solare è ben visibile sia dalle immagini riprese dal coronografo LASCO, a bordo della sonda SOHO (di NASA ed Agenzia Spaziale Europea), che dal satellite GOES-18 (NOAA), che osserva il disco solare alla lunghezza d’onda ultravioletta di 304 Å. Dalle proporzioni dell’immagine rispetto alle dimensioni della nostra stella possiamo renderci conto dell’enorme quantità di plasma che è stato scagliato verso lo spazio interplanetario!

LASCO_CME – Immagini dal Coronografo LASCO a bordo della sonda SOHO

CME_eruption – Zoom delle immagini alla lunghezza d’onda di 304 Å che mostrano la Coronal Mass Ejection


I protoni sono particelle cariche che quando arrivano in prossimità degli strati più alti dell’atmosfera terrestre risentono del campo magnetico e vengono deviati verso le regioni polari. A seguito di eventi come questo è quindi molto probabile che si verifichino disturbi nell’utilizzo delle comunicazioni ad onda corta HF proprio alle alte latitudini. Poiché l’emissione di massa coronale non è avvenuta esattamente in direzione della Terra e l’enorme bolla di plasma ci ha colpito solo parzialmente, come vediamo dalle immagini del modello WSA-Enlil di seguito, non si sono però verificate tempeste geomagnetiche significative.
Animazione della propagazione della CME dal modello WSA-Enlil (SWPC-NOAA)