I brillamenti solari rappresentano fenomeni astronomici di straordinaria violenza, manifestandosi con improvvise e potenti eruzioni sulla superficie del Sole (fotosfera), caratterizzati dall’emissione di vasti quantitativi di energia elettromagnetica, luce visibile e particelle cariche.

Il processo che conduce alla generazione di un brillamento solare inizia con una rapida riorganizzazione dei campi magnetici solari, che libera ingenti quantità di energia in forma di radiazione elettromagnetica, prevalentemente nei raggi X e ultravioletti. Tale emissione può incrementare la temperatura del plasma solare fino a milioni di gradi in un lasso di tempo brevissimo.

La classificazione dei brillamenti solari avviene in base alla loro intensità, misurata in termini della potenza delle onde X emesse. Le classi vanno da A (meno energetico) a X (più potente), con numeri che indicano il grado all’interno di ciascuna classe. L'evento del 28 marzo appare come un brillante flash nel fotogramma ripreso da un satellite della NASA: Fig.X1.1SDO

Le macchie solari presenti sulla superficie del Sole sono delle regioni che si distinguono dall’ambiente circostante perché più fredde, quindi più scure, e possono apparire in tutte le dimensioni e forme. Come è evidente dall’immagine in basso, proprio nella zona corrispondente a quella in cui è stato osservato il brillamento X1.1, distinguiamo bene la regione attiva nominata AR3615, che ne è stata all'origine.
Alcuni gruppi di macchie solari hanno una struttura magnetica più complessa rispetto ad altri gruppi di macchie solari e hanno quindi maggiori probabilità di produrre brillamenti solari. Ma come facciamo a sapere se un gruppo di macchie solari costituisce una minaccia per forti brillamenti solari? Per conoscere le differenze, l'osservatorio di Mount Wilson in California (USA) ha stabilito delle regole affinché ogni regione delle macchie solari riceva una certa classificazione magnetica.

Nell’immagine in basso (HMIBC - Courtesy of NASA/SDO) vediamo lo zoom del magnetogramma della regione in esame. La scala di colori ci permette di identificare l’intensità e la polarità del campo magnetico vicino la fotosfera: le aree giallo/rosso corrispondono alla polarità negativa (ove le linee di forza fuoriescono dalla superficie del Sole) e quelle verde/blu a quella positiva.

Ogni giorno, infatti, vengono contate le macchie solari sulla fotosfera solare, ognuna di loro riceve un nome ed una classificazione magnetica dagli scienziati esperti di Space Weather. In particolare, ad esempio, i gruppi di macchie solari unipolari, più semplici e meno pericolose, sono chiamate alfa, mentre le macchie solari più grandi e più complesse sono classificate come Beta-Gamma-Delta. Quest’ultime sono sede di campi magnetici con complessi schemi di interazione, che le rendono molto attive e quindi spesso sorgenti dei brillamenti solari più intensi, proprio come la nostra AR3615 dello scorso Marzo.