Innanzi tutto, un brillamento solare classificato come intensità M9.8 (sfiorando quindi la classe più elevata X) ha avuto luogo lo scorso 28 novembre, ben visibile come un impulso di radiazione nell’estremo ultravioletto dall’animazione che segue.
La fonte di questa eruzione, associata al distacco di una porzione di corona solare, è stata la regione attiva AR3500, posizionata in quei giorni proprio al centro del disco solare, quindi rivolta in direzione della Terra.
Nelle immagini in basso il coronografo LASCO, a bordo del satellite SOHO, mostra l’alone intorno al Sole che si espande nella direzione del nostro pianeta.
Almeno altre due Coronal Mass Ejections (CME), sebbene di minore intensità, erano però state osservate nei due giorni precedenti ed erano già in viaggio verso la Terra. Pertanto, l’evento di fine novembre è stato definito come “CME cannibale”: un’espulsione di un’enorme bolla di gas che si propaga nello spazio interplanetario alla velocità di più di 800 km/s (che corrispondono a circa 2880000 kmh), raggiungendo ed inglobando le emissioni di massa coronale più lente che trova di fronte a sé.
Al suo arrivo in prossimità della magnetosfera terrestre, l’interazione di questa enorme massa di plasma molto caldo con il campo magnetico del nostro pianeta ha prodotto, il 1° dicembre, una tempesta solare abbastanza intensa da causare spettacolari aurore in entrambi gli emisferi, anche a latitudini più basse di quelle a cui sono visibili solitamente. La nuvola di particelle cariche molto energetiche, infatti, precipitando lungo le linee del campo magnetico terrestre, ha permesso di fotografare luci spettacolari anche nei cieli di Nuova Zelanda, Arizona e California. La tempesta geomagnetica causata dall’arrivo della “CME cannibale” è stata classificata di classe G3, su una scala internazionalmente adottata di 5 livelli (da G1 a G5), introdotta dall’Agenzia statunitense NOAA.
L’effetto della massa cornale scagliata verso la Terra è durato qualche ora, dopodiché i disturbi del campo geomagnetico registrati si sono attenuati. Nei giorni successivi un buco coronale molto grande si è aperto nell’atmosfera del Sole, lasciando fuoriuscire un flusso di vento solare velocissimo proprio in direzione del nostro pianeta. Gli strumenti a bordo della sonda Solar Dynamics Observatory (SDO) della NASA ne hanno fotografato la struttura, che si estende lungo il suo asse maggiore per quasi 800.000 km, come si può vedere dalla zona scura nell’immagine in basso. Proprio a causa degli effetti di questo vento solare sul campo magnetico della Terra non è detto che dovremo aspettare molto prima della prossima tempesta geomagnetica!